venerdì, Aprile 26, 2024

NEL DOVE DELLA CITTA’. PASSIONE, VISIONE, SERVIZIO

Il pensiero è passione. La politica è visione. La tecnologia è servizio. Questi tre elementi, com-presenti in noi e nella realtà, vanno ri-connessi strategicamente. Solo da tale ri-unione, infatti, è possibile cogliere e accogliere la realtà che viviamo e che è naturalmente complessa.

Pensiamo alle città. Il governo del territorio non è la sommatoria di atti amministrativi, per quanto importanti. L’idea stessa di governo, che deve portare speranza e benefici a chi in quel territorio vive, si “estranea” dalla realtà proprio ri-flettendosi (calandosi) in essa. Il governo politico deve nascere dalla visione, dal guardare oltre-dentro, e non rimanere prigioniero del quotidiano pur essendo profondamente ancorato in esso. Ciò che manca alla politica che conosciamo è il talento della visione strategica e sistemica: vorremmo, infatti, che le classi dirigenti per il governo “glocale” (dei flussi globali in ogni territorio) comprendessero che le città e i territori vanno osservati anche nel medio lungo periodo (pre-visti). La nostra domanda è: come sarà il “luogo x” tra 10 anni ?

La visione va sostenuta dalla passione culturale per il pensiero complesso. I luoghi che viviamo sono una stratificazione di dinamiche non separabili tra livello locale e livello globale (per questo scrivo di glocale). Una stratificazione che definisco “esperienziale” perché ogni città è un unicum irripetibile arrivato fino a noi e che noi abbiamo la responsabilità di consegnare alle generazioni che verranno. Nelle città, work in progress, dinamicità è la parola chiave. Sostenere la città come esperienza progettuale è una frontiera necessaria: in essa, infatti, evolve il tempo integrato e inseparabile tra passato, presente e futuro e lo spazio come sintesi perenne tra flussi globali e flussi autoctoni (si pensi alle migrazioni e al loro impatto).

Il terzo punto è il servizio. La tecnologia è ciò che noi creiamo per sostenere, servire, la nostra evoluzione. L’uomo è creatore della tecnologia stessa. Strumento, la tecnologia ci aiuta a governare in maniera adeguata l’infinità di dati che generiamo e, attraverso quelli, a governare le città e i territori riuscendo a comprendere e a valorizzare quegli “unicum stratificati” che sono la vera ricchezza. Si tratta, allora, di avere un pensiero critico, e politico, sulla tecnologia: essa, da strumento, non può trasformarsi in fine (generando, come opposti che si attraggono, la sua divinizzazione o l’antagonismo contrario) ma deve servire la possibilità per il governo politico di trarre informazioni e conoscenza dai dati (data governance) e, di conseguenza, per riuscire a progettare le città nell’ oltre-dentro della glocalità.

C’è ancora molta strada da percorrere e si tratta di fare un salto qualitativo importante. Le grandi sfide per la città, sostenibilità-ambiente-mobilità-salute pubblica-efficienza istituzionale-sicurezza-interetnia (e altre), possono essere affrontate solo attraverso l’alleanza tra passione, visione e servizio nonché, fuor di retorica, tra istituzioni, aziende, università. Le classi dirigenti vanno preparate non più al qui-e-ora ma al divenire, anima del convivere.

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