sabato, Luglio 27, 2024

FAKE NEWS & GUERRA (DI STEFANO POLLI, VICE DIRETTORE AGENZIA ANSA)

Cominciamo con le regole di base: un giornalista non deve mai schierarsi in un articolo. Per quello ci sono i commenti e gli editoriali. Per il resto tutti gli altri pezzi non devono risentire delle opinioni personali. Si scrive quello che si vede e quello che si sente. Quando fui assunto all’ANSA il direttore Sergio Lepri mi disse: ‘Non so come la pensi e da che parte stai, ma soprattutto non voglio capirlo leggendo quello che scrivi’. Spero che non sia mai accaduto. Ho portato con me questa lezione di giornalismo per più di trent’anni e la ripeto quando posso a tutti i miei colleghi più giovani.
Secondo punto: le notizie vanno sempre verificate e controllate. E, se non si è sicuri, si cerca un’altra fonte che confermi, si ‘incrociano le fonti’. Le fonti, poi, vanno sempre citate. Il lettore merita notizie chiare, ben scritte, controllate, verificate e trasparenti. La fonte è sempre importante anche perché sono poche le fonti davvero indipendenti e citare, quindi, la fonte aiuta il lettore a capire ‘da dove arriva la notizia’. Della fonte il giornalista deve fidarsi. Se non si fida, la notizia non si scrive oppure si cerca un’altra conferma.
Queste prime facili regolette dovrebbero bastare a garantire una notizia di qualità, ma negli ultimi anni le nuove tecnologie hanno cambiato le regole del gioco. Le fake news sono sempre esistite e quindi la prima fake news è dire che siamo nell’epoca delle fake news. Siamo in realtà nell’epoca in cui la disinformazione viaggia in tempo reale e raggiunge in pochi minuti migliaia, a volte milioni, di persone. Per questo motivo il gioco è diventato sempre più duro. La libertà di espressione è sacra, è garantita dalla nostra Costituzione. Ma non si deve pensare che basti girare sui social per essere informati. L’informazione ha le sue regole, i giornalisti studiano, conoscono le materie sulle quali scrivono, controllano le fonti, danno informazione di qualità che è cosa diversa dai dibattiti che infiammano i social spesso partendo da informazioni inesatte e non verificate.
Le guerre in Ucraina e a Gaza hanno poi messo l’informazione mondiale di fronte a situazioni senza precedenti. Rimane il problema di garantire un’informazione di qualità e verificata praticamente in tempo reale. E questo significa che le verifiche vanno fatte in fretta perché il mondo dell’informazione , con le nuove tecnologie, viaggia con tempi impensabili soltanto qualche anno fa. Lavorare bene e di corsa. E se la verifica prende tempo? Si aspetta… la qualità viene prima di tutto. Quando dai una notizia devi essere sicuro che sia giusta. Ma non è facile di questi tempi perché intorno a te non tutti hanno queste precauzioni. E le fake news volano….
Ma come porsi di fronte alle informazioni sulla guerra e dalla guerra? L’Ucraina è l’esempio classico delle difficoltà di fare informazione durante una guerra. C’è un detto tra i giornalisti: la prima vittima delle guerra è la verità. Ed è proprio così’. La propaganda dilaga, le due parti in conflitto raccontano due differenti versioni del conflitto ognuna con la propria narrazione. Ed è vero che non bisogna prendere parte, come insegnava il direttore Lepri, ma a volte come la guerra in Ucraina le cose appaiono molto chiare. Nonostante questo un bravo cronista deve continuare ad applicare le regole che abbiamo esposto sopra e raccontare semplicemente i fatti. Ma raccontare i fatti a volte non è facile perché non sempre è possibile essere al fronte, là dove le cose accadono. Bisogna quindi affidarsi, in questi casi, al racconto dei militari. Come detto sopra, la versione dell’altra parte sarà spesso diversa, sostanzialmente o soltanto in alcune parti del racconto.
Il lavoro in queste circostanze è molto difficile e delicato. Ci si affida alla regole. Si danno le due versioni dei fatti , si cita la fonte, si verifica, si controlla, si fa il fact checking. In questi casi la citazione della fonte, con chiarezza e trasparenza, è fondamentale. Durante la guerra in Ucraina è stato detto da molti esperti che i russi raccontavano fake news. D’altra parte la propaganda fatta dai vertici russi – anche alla propria opinione pubblica – appariva quantomeno un pò distante dalla realtà dei fatti. E’ stata la Nato ad attaccare la Russia? Difficile da sostenere. E’ un motivo per non dare dichiarazioni di Putin o Lavrov in questo senso. Assolutamente no. Le dichiarazioni di Putin e di Lavrov vanno date con la citazione della fonte. Sarà poi il lettore a giudicare. Non deve farlo il giornalista al di là, come detto sopra, degli editoriali e dei commenti. Ma non nei pezzi di cronaca. Vi immaginate il racconto della guerra in Ucraina senza le dichiarazioni dei russi. Non si capirebbe niente. E, d’altra parte, c’è stata e c’è tuttora in Europa una scuola di pensiero – che ha tutto il diritto di esprimere le proprie opinioni – che ritiene che siano state le provocazioni della Nato a spingere la Russia alla guerra. Io non la penso così, ma non lo capirete dai miei articoli. Il giornalista è una persona come le altre, con i suoi pensieri e le sue idee. Ma queste non devono mai apparire nei suoi pezzi.
Le stesse difficoltà i giornalisti le hanno avute con la guerra a Gaza. Anche in questo caso le narrazioni sono state diverse e contrapposte. L’orrore infinito portato dai terroristi di Hamas nel territorio israeliano è un fatto oggettivo e orrendo. Ma nella risposta israeliana sono morti molti civili e molti bambini. Il mondo si è diviso in due. Ma un buon giornalista deve semplicemente riportare i fatti, quello che vede e quello che ascolta. Poi, come già detto, ci sono gli editoriali e i commenti dove invece si possono, legittimamente, esprimere opinioni e prendere posizione. L’attacco all’ospedale a Gaza dove sono morte centinaia di persone è emblematico. La notizia è stata data da Hamas che ha incolpato Israele. I vertici militari israeliani si sono presi il tempo necessario per fare le verifiche e poi hanno fornito la loro versione: era stato in realtà un missile della Jihad islamica a colpire l’ospedale palestinese. Il nostro compito, come sempre, è riportare correttamente le due versioni e poi fare il fact checking, le verifiche, nel tentativo di arrivare in qualche modo alla verità. Bisogna sempre ricordare che la ‘costruzione’ di una notizia è un work in progress. Le prime informazioni sono sempre parziali. Poi arrivano le precisazioni, gli aggiornamenti e gli approfondimenti. Insomma la notizia, spesso, si costruisce nel tempo.
Dunque, riassumendo: bisogna rispettare il lettore, dare notizie ben scritte e trasparenti, non bisogna operare censure di nessun tipo (ci mancherebbe…), bisogna riportare le informazioni delle due parti in guerra, bisogna citare con chiarezza la fonte, dare tutti gli elementi possibili a disposizione. E’ facile? No. Di fronte a situazioni come quelle trovate a Bucha non è facile per niente. Di fronte ai massacri, agli stupri e alla violenza della guerra non prendere una parte non è semplice. Ma nessuno ha detto che il lavoro del giornalista sia un lavoro semplice
E , comunque, sappiate che, alla fine, anche quando avrete fatto tutti gli sforzi possibili e pensate, in cuor vostro, di avere la coscienza a posto, ci sarà sempre qualcuno che vi dirà che avete sbagliato e che parteggiate per qualcuno.

Stefano Polli è vice direttore dell’ agenzia ANSA dal 2014. E’ stato in precedenza capo redattore centrale, capo redattore dell’Area Internazionale, capo redattore del servizio diplomatico e inviato speciale. Come inviato speciale ha seguito i maggiori eventi internazionali: guerre (la prima guerra del Golfo, guerre dei Balcani, guerra civile albanese, guerra Etiopia-Eritrea); i grandi summit internazionali (Ue, G7, G8, G20, Onu, Nato), l’attività dei presidenti della Repubblica italiana, dei presidenti del Consiglio e dei ministri degli esteri. E’ analista di politica internazionale, docente dell’università Lumsa e autore di libri sull’Europa e sul giornalismo d’agenzia

(riproduzione autorizzata citando le fonti – The Global Eye e The Science of Where Magazine)

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