giovedì, Aprile 25, 2024

Verso le stelle

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Per cominciare

Comincia qui, secondo la massima che il cammino si fa camminando, un percorso di ricerca sul rapporto tra condizione umana, innovazione, complessità e relazioni internazionali. Guarderemo ai rischi totalitari nel mondo di oggi.

Dedico questa riflessione a Bruno Ratti, visionario e fondatore di The Science of Where Magazine. Non l’ho conosciuto ma la sua esperienza vive nel nostro desiderio di guardare oltre.

Percorreremo, in questo cammino, il pensiero di alcuni giganti: Hannah Arendt, Edgar Morin e Raimon Panikkar. Staremo il più possibile nel dibattito culturale, immersi nelle idee, con pensiero critico.

Dobbiamo domandarci: a che punto siamo ?

La domanda iniziale è fondamentale perché, troppo spesso, ci rifugiamo nel passato o nel futuro, quasi a esorcizzare un presente difficile, in noi e nella realtà, fino al mondo. Invece il tema è nel ri-trovarci realisti nella realtà-che-è, in società profondamente divise e disuguali, pieni di grandi possibilità nella innovazione e nelle nuove tecnologie, interconnessi e nodi di “reti”, in un mondo che fatica a trovare un ordine dopo la fine dell’equilibrio bipolare.

Sensi, significati e decisioni strategiche

Il dolore e i disastri provocati dalla pandemia o, per meglio dire, dalla pandemia di turno, hanno aggravato criticità antiche.

Fin dalla caduta del muro di Berlino, evento simbolicamente importante per aprire il cambio di era che stiamo vivendo, moltissimi si erano illusi di poter essere padroni della libertà, di avere individuato i modelli miracolosi che avrebbero garantito benessere all’umanità intera, di essere arrivati alla fine della storia.

La storia, invece, era ben viva e ci metteva di fronte alle sue complessità e imprevedibilità, che sono le nostre. Ciò che culturalmente manca, e sul quale vorremmo lavorare, è la ri-appropriazione della realtà in noi.

È questione di sensi, di significati e di decisioni strategiche. In un mondo fattosi plurale e meticcio, nulla di ciò che accade ci è estraneo e il nostro approccio non può che essere critico, mai più solo lineare, capace di problematizzare le dinamiche che percorrono il globo, anzitutto conoscendole.

C’è una evidente crisi (qui intesa in senso negativo) del ruolo degli intellettuali e della capacità delle classi dirigenti. È l’innovazione, potente e inarrestabile, che ha posto in metamorfosi i paradigmi di riferimento che avevamo ereditato dal ‘900: questo è il punto dal quale partire.

Capitol Hill e la democrazia liberale

Dobbiamo tornare a una critica dei nostri regimi democratici. Ciò che è successo il 6 gennaio 2021, molto più forte dell’inauguration day del nuovo Presidente, è il segno di un momento storico particolarmente complicato per le nostre democrazie liberali.

Anche attraverso un uso strumentale dell’innovazione, è in atto uno scontro epocale tra sistemi liberali e sistemi illiberali. Senza generalizzare, notiamo una difficoltà delle democrazie liberali a determinare gli equilibri a livello internazionale. La de-generazione, infatti, è tutta interna all’Occidente che non riesce più a essere la parte di mondo che indica la direzione.

Chi crede nella democrazia, come lo scrivente, non può sottrarsi a un esercizio di critica, anche radicale, di un sistema oggettivamente in pericolo. Parole abusate come populismo e sovranismo non rappresentano il vero pericolo che, invece, si chiama nazionalismo: la storia recente ci ricorda che il nazionalismo può rappresentare l’inizio di avventure totalitarie.

In questo contesto, l’innovazione è Giano bifronte: porre l’uomo al centro è un eufemismo, perché è l’uomo che crea l’innovazione, rischiando di soccombervi. Ci vogliono regole globali, di governo e non solo di governance, ci vuole una rinascita della cultura e della politica a tutti i livelli.

Giudizio storico

Il richiamo di Biden all’unità è decisivo. A questo occorrerebbe affiancare quello di Papa Francesco alla tenerezza. Entrambi sono atti profondamente politici.

Unità e tenerezza ci aiutano a camminare nella elaborazione di un “progetto storico” che vorremmo proporre con queste riflessioni. L’innovazione, in questo, è un attore di primaria importanza perché può aiutare e sostenere processi di relazione laddove sembrano prevalere percorsi di divisione, di competizione e di disuguaglianza.

Dobbiamo, prima di tutto, recuperare il gusto della convivenza, del confronto costruttivo finalizzato al dialogo. Qui siamo tra le stelle ma nulla è scontato: non siamo i padroni della libertà, ci vuole responsabilità. Siamo solo all’inizio.

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