giovedì, Dicembre 12, 2024

INTERVISTA AL PRESIDENTE DELLA CEI, CARD. MATTEO ZUPPI

Intervista al Cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna

Che momento è questo per la Chiesa Cattolica?
La questione di fondo rimane quello tra la Chiesa e il mondo. La Chiesa non vive in una dimensione solo spirituale ma deve calare lo spirituale nella storia. Direi che dal Concilio Vaticano II in poi la storia non è più un accidente nel quale bisognava portare la verità che era sempre quella. La storia diventa, ed è, un elemento dialettico, di confronto. Nella storia dobbiamo scoprire i tanti semina verbi, quelli che il Concilio chiamava i segni dei tempi: segni che andavano letti, compresi perché in questo dialogo si poteva vivere e annunciare il Vangelo. Papa Giovanni XXIII lo disse all’inizio proprio del Concilio vaticano II, parlando dei profeti di sventura che si comportano come se “non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita”. Intendiamo la storia come “interlocutore”: le difficoltà o le possibilità, le richieste, le domande degli uomini, quella simpatia immensa permettono di scoprire i segni dei tempi e offrono alla Chiesa una opportunità straordinaria. Faccio l’esempio di un segno dei tempi evidentissimo: la pandemia.

Ecco, su questo punto…
La pandemia pone alla Chiesa una domanda spirituale. Cosa dice la Chiesa agli uomini ? Per certi versi, l’enciclica Fratelli tutti è una risposta. Anche se il Papa aveva iniziato a scriverla prima della pandemia, inevitabilmente si cala nella realtà che viviamo. Ecco, questa è la Chiesa.

In che mondo siamo?
È un tempo di grande trasformazione in cui i pilastri che erano usciti dalla tragedia della seconda guerra mondiale sono messi in discussione o largamente passati. La Chiesa stessa vive al suo interno una grande trasformazione. Papa Francesco ha l’enorme vantaggio di avviare un dialogo su tutti i temi, non c’è niente che non possa essere rivisto, capito, anche nel riaffermare la verità di sempre, anzi proprio per riaffermare la verità di sempre!

La questione verità-tradizione è centrale…
Il metodo del Papa non è, come qualcuno può pensare, mettere in discussione la verità ma è il vero metodo per cui ci può essere una vera tradizione. La tradizione è spendere il talento, la verità che ci è stata affidata. La vera tradizione è sempre dinamica, non è mai inerte. C’è chi ha paura che questo metta in discussione la verità e diventa una “caricatura” perché parla di una verità che non è mai esistita così.

C’è il tema della Chiesa nella vita
Papa Francesco continua nelle scelte dei suoi predecessori e affronta i vari temi perché bisogna colmare una distanza grande tra la Chiesa e la vita delle persone. Fare questo non significa correre dietro alla mentalità comune, tutt’altro. Finisco con il ricordare due categorie: lo gnosticismo e il pelagianesimo che, fin dall’ Evangelii Gaudium, visione di Papa Francesco riaffermata poi in Fratelli tutti dove trova la sua sistematizzazione sulle grandi questioni trattate in questi sette anni di Pontificato, sono evidenziati due i atteggiamenti-rischi molto interessanti. Da un lato vi è il rischio della Chiesa ridotta a filosofia, a salotto, a “pasticceria spirituale” o a idealità generica. Dall’altro lato vi è il pelagianesimo, la convinzione di risolvere i problemi con il protagonismo individuale e senza la forza della grazia. Credo che questi due rischi indicati da Papa Francesco con molta insistenza sgombrino il campo da tutti coloro che hanno paura e invece permettono a tanti di riavvicinarsi alla visione della Chiesa. È notevole come abbiamo riaperto il dialogo con tanti: senza dialogo, senza relazione, non c’è annuncio del Vangelo. Se si chiude, la Chiesa si ammala.

Veniamo all’ultima questione: l’importanza del fattore tecnologico
La tecnologia è una sfida enorme. Ricordo soltanto alcuni importanti convegni organizzati dalla Pontificia Accademica per la Vita sull’intelligenza artificiale. Sono molto importanti perché senza etica l’intelligenza artificiale può diventare terribile. Gli stessi produttori dell’intelligenza artificiale avvertono la necessità di avere delle regole a evitare che la stessa diventi disumana. L’intelligenza artificiale è qualcosa che appartiene alla nostra realtà, non è futuribile; essa, con i suoi algoritmi, governa tanto della nostra comunicazione. La Chiesa non può non misurarsi con questo fenomeno: forse siamo ancora all’inizio ma mi sembra interessante quest’alleanza con gli stessi produttori dell’intelligenza artificiale per governare ciò che, altrimenti, potrebbe andare contro l’uomo stesso.

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