sabato, Luglio 27, 2024

NATIONAL GEOGRAPHIC: DALLA GEOGRAFIA ALL’EVOLUZIONE CULTURALE UMANA

Se parliamo di divulgazione scientifica, sicuramente in Italia i primi nomi che vengono in mente sono due, padre e figlio, diversi nelle competenze ma uniti dalla passione e dalla capacità: Piero e Alberto Angela. È grazie a loro se in Italia la scienza ancora riesce a passare in prima serata nelle televisioni generaliste. Anche loro hanno però degli ispiratori, in particolare Piero che è stato uno dei pionieri della divulgazione in televisione nel nostro Paese. E che non poteva non ispirarsi a due fonti, alle quali ha attinto anche nella qualità del suo lavoro, legata in particolare ai documentari naturalistici e non solo: da un lato la BBC e dall’altro National Geographic, che appunto è diventata nel mondo un’icona, un esempio sotto questo profilo. Quell’esempio che per fortuna c’è in una fase storica di cambiamenti climatici che evidenziano una mancanza di programmazione anche da parte di paesi importanti considerati molto avanzati, eppure colti alla sprovvista, come avvenuto con le recenti alluvioni in Germania e in Belgio. Ecco: con i suoi documentari National Geographic aiuta a conoscere il mondo, anche quella parte che talvolta non si conosce neppure se si viaggia, e in un momento storico in cui è più facile guardare un video anziché leggere, riesce in parte a colmare una lacuna culturale purtroppo sempre più ampia.

Per raccontare la storia di National Geographic occorre andare a ritroso del tempo, e noi possiamo farlo per piccole tappe, partendo dal primo settembre 1997 quando nacque negli Stati Uniti il canale televisivo, diffuso nei paesi anglofoni, quindi in particolare Regno Unito e Australia, per trasmettere i documentari autoprodotti dalla società. Natura, scienza, cultura e storia gli argomenti, che talvolta si intersecano come avviene necessariamente. Il successo è stato sempre crescente, tanto è vero che a un certo punto la diffusione del canale originale, edito dalla Walt Disney Company, fu estesa ad altri 140 paesi, ma per tutti in maniera localizzata, con una propria versione del canale. Così è avvenuto anche in Italia, a partire dal 2000, edito da Fox Networks Group Italy e diffuso prima su Stream Tv e poi disponibile sulla piattaforma Sky. In anni recenti, i documentari sul mondo animale sono stati spostati su un altro canale specifico, National Geographic Wild. Entrambi i canali ora sono visibili solo sul satellite, dopo essere stati a lungo disponibili sul digitale terrestre. Questo a titolo informativo.

Ci sono dei nomi molto importanti, che hanno fatto e fanno la storia di questo canale: su tutti ne facciamo un paio, significativi, senza fare torto agli altri. Uno è quello di David Attenborough, documentarista che tuttavia è stato anche un punto di forza della BBC e di altri canali specifici come Discovery, ma che ha ispirato un modo di lavorare legato alla natura e all’osservazione degli animali che ha davvero fatto scuola.

L’altro nome, più legato all’attualità e proprio a National Geographic, è quello di Paul Salopek, un giornalista che ha deciso di dedicare la sua vita, o almeno una parte piuttosto ampia di essa, al giro del mondo a piedi con uno scopo ben preciso, antropologico e non solo. Nel 2013 Salopek, californiano, ha iniziato a seguire l’itinerario dei primi esseri umani, partendo dall’Etiopia e ripetendo la loro migrazione storica, arrivando alla Terra del Fuoco, che è il punto più a sud del continente americano, attraversando lo stretto di Bering. La specie umana ci mise migliaia di anni, Salopek sperava di completare lo scorso anno questo lungo viaggio. Ma chiaramente, anche lui ha dovuto fare i conti con la pandemia e con le misure dei vari paesi che lo hanno bloccato nei suoi spostamenti. Il reporter ha attraversato a piedi in questi anni diversi continenti, ha raccontato molte cose anche sulla vita degli uomini, dei primi e degli attuali. La propensione alla violenza, le guerre, e molto altro. La televisione si fa in questo caso racconto, storia, memoria, documento, testimonianza diretta.

La stessa storia personale di Salopek è in qualche modo un’avventura: laureato nel 1984 in scienze ambientali, vinse due volte il Pulitzer per articoli molto differenti tra loro. Nel primo caso si occupò della diversità del genoma umano, nell’altro invece fece vari reportage in Africa per il Chicago Tribune. Nella sua storia personale anche un arresto in Sudan nel 2006, accusato di essere una spia in un paese dilaniato da una guerra civile finita ufficialmente l’anno prima. Fu decisiva in quel caso la mediazione di Bill Richardson, all’epoca governatore del New Mexico.

Per raccontare però la storia di National Geographic come società, occorre tornare addirittura al diciannovesimo secolo. C’è un quadro che ne fissa a perenne memoria la riunione costitutiva avvenuta nel 1888 a Washington D.C. A riunirsi fu un gruppo di scienziati ed esploratori che costituirono una società no profit il cui obiettivo iniziale era diffondere la conoscenza della geografia, ma insieme anche promuovere la protezione della cultura dell’umanità, della storia e delle risorse naturali. La frase chiave è questa:

“to increase and diffuse geographic knowledge while promoting the conservation of the world’s cultural, historical, and natural resources”. Fin da subito il NatGeo finanziava ricerche, esplorazioni, pubblicava materiale editoriale e teneva conferenze soprattutto da parte degli esploratori di ritorno dalle loro missioni.

Oggi, nell’epoca televisiva, l’attività più conosciuta è ovviamente il canale video. Ma un altro punto di forza di National Geographic è Storica, la rivista mensile che mette al setaccio e racconta i principali eventi della storia dell’umanità. Ci sono poi altre riviste che ci aprono autentiche finestre sul mondo: Traveler, National Geographic Italia e naturalmente il Magazine, ossia la rivista madre in lingua inglese.

Il sodalizio continua nel frattempo a finanziare esplorazioni e ricerche, lanciare concorsi, premi, pubblicare libri scolastici o mappe, organizzare mostre e naturalmente diffondere contenuti online. Un punto di riferimento per capire chi siamo oggi, ma anche per risalire alle nostre radici. Perché una specie che non conosce il suo passato, difficilmente può organizzarsi il futuro, come dimostrano le grandi difficoltà legate ai cambiamenti climatici, dove non a caso National Geographic rimane sempre in prima linea.

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