venerdì, Marzo 29, 2024

LO “STORICO” RAPPORTO TRA TECNOLOGIA E INTELLIGENCE. PASSANDO DALLO SPORT

Tra Russia e Ucraina la sfida è sul terreno della tecnologia e dell’intelligence: una storia che si ripete, e che viene tracciata nell’ultimo numero di Gnosis, rivista specializzata nella spiegazione di fatti legati anche al passato.Tra gli elementi della pubblicazione, “l’avvento della fotografia e delle comunicazioni elettriche che rivoluzionarono anche la raccolta intelligence e migliorarono gli strumenti di coordinamento nello sviluppo delle condotte belliche interforze”. Come nel caso del testo di Basilio Di Martino, che spiega come “a cavallo tra Ottocento e Novecento l’irrompere sulla scena di nuove tecnologie e, in particolare, della fotografia e delle comunicazioni elettriche ha determinato un radicale cambio di paradigma nell’attività d’intelligence, svelando nuove vulnerabilità e indicando nuove modalità d’indagine. Lo studio delle immagini fotografiche e l’analisi dei segnali emessi volontariamente o involontariamente dall’avversario diventavano altrettante fonti
d’informazione, funzionali a una dimensione dell’intelligence fino ad allora inimmaginabile, il cui sfruttamento richiedeva la creazione di specifiche capacità, secondo una linea d’indirizzo che, con il trascorrere del tempo e i progressi tecnologici, non ha perso di attualità”. Il primo esempio citato nel testo è esemplare: “Nella notte tra il 27 e il 28 febbraio 1942 dodici bombardieri Whitley del 51° Squadron della Royal Air Force (Raf) si alzarono in volo dal campo di Thruxton, nella piana di Salisbury, diretti verso la zona di Le Havre, nella Francia occupata. A bordo avevano 119 uomini della Compagnia C, del 2° Parachute Batallion, ai quali era stato aggregato un sottufficiale della Raf, il Flight Sergeant Charles W.C. Cox, la cui presenza era funzionale allo scopo della missione: catturare e
portare in Gran Bretagna le componenti essenziali del radar FuMG 62 Würzburg installato presso Bruneval, uno dei tanti apparati di questo tipo utilizzati per la guida dei caccia notturni e il controllo dei proiettori e delle artiglierie contraeree dalla difesa del Reich”.
L’impresa fu coronata dal successo: “L’operazione, portata felicemente a termine con il rientro via mare, permise di svelare i segreti di un sistema per l’epoca tecnologicamente avanzato e consentì ai tecnici del Telecommunication Research Establishment di mettere a punto un semplice ma efficace dispositivo di disturbo, costituito da strisce di
materiale metallico di dimensioni rapportate alla lunghezza d’onda, che avrebbe presto dato alla Raf un significativo vantaggio nella titanica lotta ingaggiata nei cieli d’Europa. L’azione di Bruneval era il frutto di un lungo e faticoso lavoro di ricostruzione. Dopo i primi vaghi rapporti degli agenti del Secret Intelligence Service (MI6), una conferma dell’esistenza di apparati radar in grado di operare a una frequenza di 570 MHz si era avuta dalle intercettazioni effettuate nel marzo del 1941 dai velivoli da ascolto elettronico del 109° Squadron. Una paziente opera di ricerca aveva consentito di triangolare e localizzare alcune di queste misteriose sorgenti lungo le coste della Francia e dei Paesi Bassi, mentre “Ultra”, la macchina in grado d’interpretare i messaggi codificati tedeschi, aveva permesso di dare
un nome al radar sconosciuto. Un contributo fondamentale era infine venuto dalla ricognizione fotografica, che il 5 dicembre 1941, dopo ripetuti tentativi, era riuscita a ottenere una nitida immagine del sito di Bruneval, in cui campeggiava un’inequivocabile antenna a riflettore parabolico. A questo punto era stata chiamata ad agire la rete informativa della resistenza francese, che in poche settimane aveva fornito un quadro esauriente della situazione sul terreno”. Quella che sarà ricordata come “Operazione Biting”, ovvero il “nome in codice dell’incursione di Bruneval, condotta dal Combined Operations
Command, ma pianificata sotto l’egida dell’Air Ministry Directorate of Intelligence, vide dunque scendere in campo agenti segreti ed elementi del maquis, scienziati e tecnici, analisti e fotointerpreti, unità specializzate della Raf e reparti delle Forze speciali, in un
susseguirsi di azioni il cui filo conduttore era la ricerca di ogni possibile elemento d’informazione, combinando e integrando attività Humint, Sigint e Imint. Dato il ruolo centrale di queste ultime, l’operazione può essere considerata la prima significativa
affermazione della dimensione tecnologica dell’intelligence, una dimensione sorta a cavallo tra Ottocento e Novecento con lo sviluppo delle comunicazioni elettriche e della fotografia, che più delle forme tradizionali d’intelligence richiede specifiche soluzioni organizzative e una chiara impostazione dottrinale”. Ma prima della fotografia un ruolo da protagonista lo aveva avuto il telegrafo, oggetto però di intercettazioni: se ne accorsero durante una sfida
sportiva. Sì, perché “il principio stesso di funzionamento esponeva la radiotelegrafia a possibili azioni d’intercettazione e disturbo, e il primo caso documentato d’interferenza intenzionale risale al settembre del 1901. Il contesto, a dimostrazione dell’ampia valenza di queste tecniche, fu quello dell’America’s Cup, contesa quell’anno tra lo yacht statunitense Columbia e il britannico Shamrock II. Data la rilevanza mediatica della competizione, le principali agenzie di stampa avevano stipulato contratti di servizio per poter avere
aggiornamenti in tempo reale e così, mentre la società di Marconi era impegnata con l’Associated Press, la Wireless Telegraph Company of America aveva un contratto analogo con la Publishers’ Press Association. Una terza compagnia, l’American Wireless Telephone and Telegraph Co., non aveva alcun accordo ma, disponendo di un trasmettitore più potente, lo utilizzò per disturbare i segnali delle rivali e arrivare così per prima a fornire le notizie sull’andamento delle regate”. Nel testo non viene dimenticato il ruolo degli inglesi,
sempre in prima linea sul fronte dell’intelligence anche grazie a personaggi fuori dal comune, con esempi di “figure un po’ eccentriche, tipiche dell’establishment britannico di un tempo”, tra le quali non può essere tralasciato “Sidney Cotton, aviatore e imprenditore con forti interessi nel campo che oggi diremmo del lavoro aereo e dell’aerofotogrammetria, in particolare. Cotton, che già aveva all’attivo alcune missioni clandestine sulla Germania eseguite tra la primavera e l’estate del 1939 per conto del Secret Intelligence Service, con un bimotore commerciale Lockheed 12A Electra opportunamente modificato, propose alla Raf di utilizzare come ricognitore il Supermarine Spitfire. Grazie alle benemerenze acquisite, riuscì a farsi assegnare due di questi preziosi velivoli dai quali i suoi tecnici rimossero armamento e corazzatura levigandone poi accuratamente le superfici. La velocità massima salì così da 360 a 396 nodi, superiore a quella di qualunque altro caccia del tempo, mentre un serbatoio supplementare in fusoliera ne estendeva il raggio d’azione a 650 miglia alla quota di 30.000 piedi. Speciali supporti antivibrazione e un sistema di spillamento di aria calda dal motore garantivano poi il buon funzionamento della macchina fotografica del peso di 30 kg montata alle spalle del pilota, subito dietro l’abitacolo. La prima missione di uno Spitfire da ricognizione risale al 18 novembre 1939”. La seconda guerra mondiale doveva ancora iniziare. Ma la “visione” della situazione era già chiara, almeno agli inglesi. Che poi uscirono vincitori dal conflitto.

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